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AFRICA: La nuova scalata nella militarizzazione delle relazioni internazionali

sabato 19 febbraio 2011 di CEPRID

Dall’inizio di questo decennio, osserviamo avvenimenti che indicano che il sistema di relazioni internazionali si presenta di fronte a un gradino più alto. Le cause che potrebbero essere il motivo delle azioni intraprese dagli USA, sarebbero i  dubbi sulla loro egemonia mondiale, le debolezze presentate dalla loro economia dopo quasi un decennio di crescita abbastanza favorevole negli anni 90, la lotta per il controllo delle fonti di risorse naturali strategiche, così come la pretesa di tornare ad imporre al mondo i loro diktat in materia di economia e politica, tra gli altri motivi (1).

di Silvio Baró

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In questa direzione si iscrivono le guerre d’aggressione degli USA contro l’Afghanistan e l’Iraq, ma negli ultimi mesi il numero di azioni belliche sono in aumento cosa che ci permette di sostenere che esiste una nuova scalata nel processo di militarizzazione delle relazioni internazionali.

La rivitalizzazione della IV flotta in America del Sud,  l’istituzione di sette basi militari statunitensi in Colombia, il tacito appoggio alla corrente principale del colpo di stato in Honduras ed la segnalazione del governo venezuelano “come leader” anti-statunitense nel Quadrennial Defense Review Report (Rapporto Quadriennale della Difesa, N.d.E.), elaborato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sono alcune delle manifestazioni in America Latina (2).

Ma, alcuni analisti hanno richiamato l’attenzione sui passi aggressivi intrapresi dall’amministrazione Obama in altre regioni del mondo e si collocano come i seguenti esempi:

 La vendita di 6,4 miliardi di dollari in armi a Taiwan, che ha generato un contenzioso con la Cina che potrebbe avere conseguenze imprevedibili,

 La vendita di missili a terra-aria alla Polonia per essere dispiegati a circa 35 miglia dal confine con la Russia,

 La vendita di sistema di difesa anti missili a Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi

Uniti perché siano usati nelle vicinanze dell’ Iran.

Secondo Dan Simpson, l’unica spiegazione a questo approcio si riassumerebbe nel fatto che Obama si è piegato alle pressioni dei militari e degli appaltatori del complesso militare-industriale statunitense e questo ci permette di capire comel’economia in una situazione critica in cui si trova, approvi un bilancio militare di 708 miliardi di dollari. (3)

Da parte sua, l’analista cubano Manuel Yepe ci ricorda che queste non sono le uniche attuazioni della principale potenza mondiale negli ultimi tempi. Si profila anche “una nuova guerra contro lo Yemen, senza che sia scomparsa la minaccia di un prossimo conflitto contro l’Iran di grande rilevanza”. (4)

Nel Rapporto Quadriennale  della Difesa già citato si può leggere: “Gli interessi ed il ruolo degli Stati Uniti nel mondo richiedono forze armate con capacità ineguagliabili e la volontà della nazione di usarle nella difesa dei nostri interessi e del bene comune. Gli USA rimangono la unica nazione capace di proiettare e sostenere operazioni su grande scala attraverso grandi distanze”. Così, il bilanciopropone un aumento del 6% per le operazioni delle forze speciali, per un totale di 6.3 miliardi ed un aumento di 2.800 soldati (5).

Per questi scopi, la grande potenza mondiale ha ampliato il numero di basi militari in tutto il mondo. Manuel Yepe cita Turse Nick, un membro del Centro Studi Sugli StatiUniti e la Guerra Fredda, dell’Università di New York, che afferma: "Il numero esattodelle basi militari statunitensi all’estero supera largamente il migliaio e il numero diimpianti di altre nazioni che oggi utilizzano gli Stati Uniti non può mai essereconosciuto "(6).

E in tutto questo processo di aumento della dimensione militare nella politica estera statunitense, l’Africa non poteva essere lasciata fuori. Se, all’iniziodel decennio, l’approccio militare statunitense per il continente era collegato con l’obiettivo di dislocare gradualmente la Francia e il Regno Unito come i fornitori di armi e di consigli militari agli eserciti e alle forze della polizia, dopo si è aggiunta la preoccupazione per la sicurezza delle installazioni petrolifere, principalmente nel Golfo della Guinea - che la principale potenza mondiale desidera trasformare in una fonte più sicura e stabile per l’approvvigionamento di risorse energetiche- e in tempi più recenti si aggiunge il pretesto della teorica estensione del terrorismo e del narcotraffico nel continente africano. Questo è il periodo nel quale si lancia la creazione di un comando africano (AFRICOM) che mostra la relativa importanza data all’Africa da parte degli Stati Uniti.

Il coinvolgimento militare più o meno diretto degli Stati Uniti nel continente africano si è manifestato nelle discrete visite di militari di quel paese a diversi paesi africani, ma, principalmente, per alcune dichiarazioni della Segretaria di Stato durante le sue visite africane l’anno scorso quando ha promesso il suo appoggio al Governo Federale di Transizione della Somalia nella sua lotta contro i gruppi oppositori, e a quello della Nigeria con lo scopo di risolvere il conflitto latente nel Delta del Niger. Nel primo caso è noto che il governo USA ha facilitato una spedizione di 40tonnellate di armi e munizioni e ha dato 2 milioni di dollari in contanti al governo somalo perché acquistasse armi. Altre informazioni hanno indicato l’impegno di inviare altre 40 tonnellate di armi al paese del Corno.

Se questi passi dell’amministrazione statunitense non fossero sufficientemente convincenti, le cifre che si pensa di destinare all’Africa con il bilancio del Dipartimento della Difesa per l’anno 2010 richiesto da Obama, per addestrare gli eserciti africani e per sviluppare diversi programmi di lotta contro il terrorismo e altri fini sono altamente eloquenti.

Particolarmente suggestiva è la grande varietà di azioni che gli Stati Uniti si propone di sviluppare in Africa, che comporterà un significativo aumento delle speserealizzate l’anno scorso. Per il Programma del Finanziamento Militare all’estero (FMF) saranno assegnati 25 milioni di dollari, per il Programma di Educazione e Addestramento Militare Internazionale (IMET) circa 16 milioni, per le Alleanze Trans Sahariane Antiterroriste circa 20 milioni, per l’Iniziativa Strategica Regionale dell’Africa Orientale altri 10 milioni, per l’attuazione degli Accordi Estesi della Pace nel sud del Sudan un totale di 42 milioni, per la creazione di forze armate professionali di 2000 membri in Liberia circa 10 milioni, per la continuazione delle operazioni nella Repubblica Democratica del Congo, inclusa la creazione di una forza di risposta veloce nell’Est del Congo e la riabilitazione della base militare del Kisangani 21 milioni, per il Programma di Stabilizzazione dei Conflitti e della Sicurezza delle Frontiere dell’Africa 3,6 milioni, come sostegno alla missione dell’Unione Africana in Somalia 67 milioni e per il Programma di Operazioni di Contingenza e Aiuto per l’Addestramento (ACOTA) 96,8 milioni, per i Programmi per il Controllo Internazionale dei narcotici e per il Compimento della Legge 24 milioni.

Altri elementi importanti sono la destinazione di 278 milioni di dollari per le Operazioni dell’AFRICOM e l’Operazione Rafforzamento della Pace-Alleanza Trans Sahariana Antiterrorista, 263 milioni per l’Appoggio alle forze di lavoro, trasporto aereo e comunicazioni aggiuntive per l’AFRICOM, 60 milioni per il finanziamento delle operazioni CJTF-HOA, 249 milioni per l’Operazioni della base Camp Lemonier a Djibouti e per le modifiche di impianti, altri 41,8 milioni per progetti di costruzione d’importanza nella base, 1,9 miliardi di dollari per l’acquisto di tre navi da combattimento, 373 milioni per l’acquisto di due imbarcazioni ad alta velocità per operare al largo delle coste dell’Africa, 10,5 milioni per finanziare i movimenti navaliin Africa occidentale e centrale, e 10 milioni per quelli che si producono in Africa Orientale (7).

Usando come pretesto il fatto che hanno osservato una certa instabilità politica nella regione del Sahel, il sequestro di un cittadino francese da parte di militanti di Al Qaeda del Magreb, la rivolta dei tuareg nel nord del Niger, le vociche la regionedel Sahel è un’importante zona per il traffico di armi, droghe e persone, gli Stati Uniti cercano di ottenere il  sostegno di alcuni paesi africani che confinano con la regione per lo sviluppo delle azioni anti-terrorismo.

Molti analisti hanno mostrato la chiara linea di continuità tra le amministrazioni di Clinton, G.W. Bush e adesso Obama in relazione all’Africa, che è una nuova dimostrazione del consenso bipartitico in materia di politica estera verso il continente. Le azioni statunitensi sono arrivate fino allo sviluppo di scenari di guerra come quello realizzato a Maggio del 2008 nella Scuola di Guerra di Carlisle, Pennsylvania, che simulava una crisi nel governo nigeriano che sfociava in una situazione di ingovernabilità che colpiva la produzione petrolifera nella regione del Delta del Niger e, di conseguenza, le forniture di petrolio alla principale potenza mondiale (8).

Alberto Moncada ci ricorda che questa tendenza alla militarizzazione delle relazioni internazionali esibita dall’amministrazione Bush si siede sui concetti ideologici delProgetto del Nuovo Secolo Americano. Ed in relazione a questo indica alcunecaratteristiche di questa tendenza:

 La politica di installazione delle basi si allarga dal Medio Oriente all’Asia Centrale, un altro luogo petrolifero importante.

 Le basi militari sostituiscono alle Ambasciate e al dominio coloniale.

 A volte i capi dei Comandi si permettono di fare dichiarazioni pubbliche, alcune piene di allusioni.

 La militarizzazione della politica nord americana si esprime nell’importanza dell’industria militare, che è una parte speciale  di questo gruppo di grandi aziende che decidono le elezioni, sostenendo finanziariamente i candidati.

 Un’altra importante conseguenza della militarizzazione sono le nuove leggi patriottiche dettate a partire dell’11 settembre (9). Come è stato espresso da alcuni specialisti nel recentemente concluso XII Incontro Internazionale della Globalizzazione e sui Problemi dello Sviluppo, tenutosi a La Habana dal 1 al 5 marzo, il ricorso alla militarizzazione delle relazioni internazionali sebbene è una manifestazione della debolezza dell’imperialismo nordamericano, non può essere visto come se questo fosse in una situazione d’impotenza. Paradossalmente, invece di assegnare più fondi per la ripresadell’economia, vengono destinati alle spese militari e questo spiega  il dinamismo costante mostrato da questo settore anche nei momenti di crisi. Questo rivela che è il complesso militare-industriale a governare veramente negli USA.

Riferimenti:

(1) Cooke, S.: “Another U.S. War? Obama Threatens China and Iran”, Global Research, 01.02.10.

(2) Eva Golinger : “US Intelligence Report Classifies Venezuela as “Anti-US Leader”, Global Research, 03-02-10 y Rodríguez S.: “Estados Unidos presenta presupuesto militar récord: Obama reflota la doctrina Monroe”, 09-02-10.

(3) Simpson, D.: “The Pentagon Runs Amok: Obama is letting the generals and contractors roll over him”, Global Research, 3 Febbraio 2010.

(4) Manuel E. Yepe. “Las Guerras pírricas del imperio”, 08.02.2010.

(5) Dan Simpson, art. cit.

(6) Manuel E. Yepe. “El American way de hacer guerras”, 15.02.2010.

(7) Volman, D.: “Obama moves ahead with AFRICOM”,  Numero 461, 10-12-09.

(8) Ibid.

(9) Moncada, A.: “La militarización de la política americana” 04-08-09.

Silvio Baró è co-direttore del Centro di Studi per l’Africa e il Medio Oriente di L’Avana(Cuba)

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA


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