Un certo libello bolivariano [El Libertario, # 29, 2002] Lo scorso agosto il chavismo ha ampiamente diffuso un volantino firmato dal gruppo di analisi politica della Alcaldía del Municipio Libertador-Caracas, contenente una critica dell'anarchismo della sua concezione del cambiamento e della rivoluzione, a fronte della cosiddetta rivoluzione bolivariana. Riteniamo di essere obbligati a rispondere a questa critica - determinata da non sappiamo quale causa specifica - ma che supponiamo nata dal timore di fronte ad un movimento che nel mondo si è dimostrato la migliore alternativa di fronte all'attuale ordine di cose, qualcosa a cui la rivoluzione bolivariana dice di aspirare ed il cui fallimento nel raggiungerlo è evidente per tutti.  Con pittoresca esagerazione nel discorso, il volantino inizia dicendo: La rivoluzione bolivariana  la più bella proposta di cambiamento esistente nel paese negli ultimi cento anni. Parlare di proposta (sconosciuta al di là delle affermazioni propagandistiche, generiche e vuote di contenuto), da quattro anni al governo, è un'esagerazione, in quanto, come dice il ritornello, quello che sta per venir fuori si affaccia, e quello che si è affacciato assomiglia di più alla classica combinazione latinoamericana di liberalismo economico con autoritarismo politico e populismo verbale, adornata di inettitudine e neghittosità, che nulla può ragionevolmente associare ad una rivoluzione, e meno che mai socialista. Il movimento chavista è stato una rivoluzione se con il termine si intende il fatto di girare nello stesso luogo intorno ad uno stesso punto. Il cambiamento si risolve in un "levati tu che mi ci metto io" nello sfruttamento delle risorse pubbliche. E si deve possedere un senso estetico del tutto particolare per vedere della bellezza nella miseria, nella fame, nella degradazione e nelle disoccupazione che patiamo in Venezuela dopo questi 44 mesi di inettitudine alla sua guida. Il tutto aggravato dal fatto, come dice lo stesso volantino, che il Venezuela è un paese con immense ricchezze e con una profonda vocazione alla pace. Non entriamo nel dettaglio delle assurdità contenute nel libello, come quella per cui la marcia dell'11 aprile è un segnale del fatto che l'opposizione perde la sua presa; come la difesa di una pace armata, obsoleta eredità concettuale della guerra fredda; come la denuncia dei contorti intenti del TSJ, dimenticando che è stata la rivoluzione a nominarlo; come l'oscurità che avvolge l'abbondante uso della categoria "popolo", di chiara origine fascista; né la rivendicazione della figura di Chavez, per nulla brillante nelle confuse giornate dell'11 aprile e seguenti, rappresentato qui come l'unico leader riconosciuto dal popolo e da tutti i rivoluzionari. Ci concentriamo sulla critica all'anarchismo, costruita con più qualificativi che idee sostantive. Dice il libello: agli anarchici, con i loro discorsi pseudorivoluzionari ed incendiari, con la loro immatura disperazione, diciamo che la rivoluzione è con tutti e per tutti. Risulta quindi che siamo pseudorivoluzionari, come se patrocinare la sparizione di ogni potere autoritario istituzionalizzato, fra le altre cose, sia pseudo; siamo incendiari, ma non sappiamo a che cosa si riferisca ciò, a meno che non riguardi il fuoco che si accende nei cuori di quanti cominciano a riflettere sui nostri discorsi; soffriamo di disperazione immatura, ignorando che l'anarchismo lotta coraggiosamente per un autentico cambiamento rivoluzionario ancor prima che comparisse il marxismo e lo fa in tutto il mondo, con pagine eroiche scritte in America Latina, senza scoraggiarsi nelle sue aspirazioni, con sconfitte e successi che sono serviti per far maturare le nostre idee, per dare solidità alle nostre proposte e responsabilità a quanti le sostengono. Prova di quest'ignoranza è che sostengono che la rivoluzione è con tutti e per tutti, proprio come sostiene l'anarchismo, che rigetta qualsiasi divisione e distinzione, che per questo non è democratico (governo di qualcuno su altri che "rappresenta") , ma àcrata (nessuno governa nessuno), che rifiuta qualsiasi guida permanente, come quella che lo stesso volantino reclama per la rivoluzione bolivariana che però opta per una direzione collettiva socialmente riconosciuta (non pretendendo che sia accettata né eletta), costituita da un centro di direzione rivoluzionaria che organizzi e conduca il popolo. A differenza dell'anarchismo che è sorto, si è nutrito e si nutre della gente, sembra che il chavismo consideri il popolo come una sequela di stupidi che hanno bisogno di essere organizzati e condotti. Se ci fosse resistenza, allora il volantino dice che si è pronti al confronto combinando la violenza con l'istituzionalità, respingendo i pacieri ed i negoziati, rivelando con chiarezza che le sue intenzioni sono esclusivamente di dominio. Senza dubbio il punto chiave di questa critica sta nella parte che proclama: È necessario che [l'anarchismo] comprenda che un popolo, senza direzione capace di costruire strategie in tutti i campi, è un popolo inerme di fronte ai suoi nemici e destinato a perdersi in scaramucce isolate e di secondo ordine. L'espressione parla da sé. Comunque riconosce subito che l'anarchismo non ammette supremazia né potere da leader per nessuno; ma la cosa grave è che considera il popolo di per sé inerme e, poiché è incapace di pensare, destinato a perdersi. Di fronte a questa inettitudine della gente, a questo infantilismo del popolo, la rivoluzione bolivariana annuncia che gli resta solo da obbedire alle illustri strategie dei suoi leader, che sono loro (Mussolini non lo avrebbe detto meglio). Può una persona sensata, anarchica o no, accettare questa proposta (depositare ogni speranza nelle mani di un gruppo di mortali che nel nostro caso neppure dispongono di elevate qualificazioni in alcun settore) quando, dalla rivoluzione russa, passando per Mussolini, Franco, Perón e Fidel, essa ha dimostrato la sua inutilità in maniera decisiva? Solo da una prospettiva ancorata al secolo XIX si possono fare dichiarazioni così anacronistiche ed insultanti per l'intelligenza. Se qualcosa ha appreso la gente nel mondo con tutti i disastri del secolo XIX, e lo sta apprendendo in Venezuela con passi da giganti, è proprio che non si deve lasciare la direzione dei propri interessi nelle mani di alcuno che non sia l'interessato stesso. Al più, permettere che qualcuno coordini ed amministri, cioè un impiegato, ma è fuori dal buon senso e dall'esperienza storica optare per un centro di direzione rivoluzionaria  che organizzi e conduca il popolo, fissi mete ed obiettivi, costruisca strategie, ci inquisisca e dopo ci notifichi in un circolo boliviano quali sono nostri obblighi mentre soffriamo per la penuria a causa della stessa bella rivoluzione. Tutto questo perché siamo in via di principio basilare incapaci di scegliere il cammino. Passando per un momento al piano pratico della rimbombante rivoluzione diretta da questo nucleo di illuminati che condurrà ed ordinerà quelli che devono dare tutto, abbiamo alcune domande da porre come parte del popolo che non partecipa ai negoziati di vertice, né è fatta di proprietari terrieri sfruttatori o di travestiti della direzione esterna: da chi è formato questo centro di direzione rivoluzionaria, quanti sono, cosa vogliono, chi li nomina? Li elegge lo Spirito Santo in una Pentecoste Bolivariana? (...) Da quel che abbiamo visto, questo tal centro di direzione rivoluzionaria sembra mutare secondo i cicli lunari. Dato che il volantino afferma che non si tratta di un problema con Chavez o contro Chavez, quando Miquelena se ne è separato, con chi dei due   andata la rivoluzione e perché? L'autentico movimento  rivoluzionario originato sulle proposte del 4 febbraio, è di Chavez o degli altri comnadanti con Arias alla testa? Quante frasi fatte vengono dette senza alcun fondamento e senza nessuna relazione con la realtà! Sembrerebbe che questo insieme antiliberale-bolivariano-indigenista-ecologico-cristiano-pacifico-armato-democratico- partecipativo-moralista-rivoluzionario non sia altro che un paravento che copre un grossolano culto della personalità, perché quando pure non si tratta di un problema con Chavez o contro Chavez, risulta impensabile prescindere dall'unico leader riconosciuto dal popoloe da tutti i rivoluzionari.  Bolivariani o squallidi, tutta la dirigenza venezuelana  educata al potere personalista, al comando arbitrario, all'uso della gente e dei beni pubblici a profitto proprio o, al più, del proprio gruppo. Così hanno fatto i caudillos del secolo XIX°, così ha fatto ómez, così hanno fatto i dirigenti durante la democrazia post 1958, e così vuole fare Chavez al pari dei suoi avversari istituzionali. Tutti parlano di libertà, di prosperità, di costruire un futuro migliore, ma si tratta del gattopardismo del cambiare tutto perché tutto resti come sta. Di fronte a questa voglia di dominazione, solo l'anarchismo si leva come qualcosa di radicalmente diverso e dà tanto fastidio al chavismo come a chiunque che abbia diretto, o aspiri a dirigere, l'apparato statale. Negli anni gli unici che  abbiano negato che l'individuo debba cedere le prerogative che gli spettano come persona sugfli altari di un'ideologia, di una religione, di un caudillo o di una rivoluzione, sono stati gli anarchici. Per la vera rivoluzione non vi è da cedere nulla nelle mani di nessuno, ma si deve cercare volontariamente ed armonicamente quello che si considera il meglio per tutti. Siamo adulti, possiamo farci carico dei nostri affari senza necessità di alcuno che ci comandi e ci conduca. Lo abbiamo appreso da molti degli indigeni dell'America che così hanno vissuto, da 150 anni di lotte sindacali, dalla rivoluzione spagnola del 1936 e da tante forme di organizzazione che la gente si sa dare a sujo proprio beneficio, senxza necessità di qualcuno che ci dica quello che dobbiamo fare.  A differenza di quello che sembra essere la proposta bolivariana di difendere la supposta rivoluzione con la rivoluzione stessa, l'anarchismo non ha mai difeso le astrazioni vuote e quando promuove la rivoluzione lo fa per ciascuno di noi, non cercando il benessere  dell'umanità in genere ma di ogni persona concreta. Il volantino dice: A noi bolivariani sembrava sufficiente [per avanzare sulla vie della rtedenzione popolare] uno Stato che dirigesse in modo consapevole la ripartizione della ricchezza con giustizia.  Si sono accoirti che non è così, solo che la ragione dell'insuccesso non sta nella protesta dell'opposizione svoltasi l'11 aprile, come essi sostengono. La prima causa sta nel pretendere che qualcuno debba assumersi il ruolo di salvatore e per questo gli si debba obbedienza cieca. La seconda causa sta nel far dipendere la salvezza da uno Stato la cui medesima esistenza si fonda sulla capacità di impedire questo risultato. È come volere spegnere un incendio con una latta di benzina e, proprio per fare questo, stiamo come stiamo. Chiaramente va pure considerato che quello che essi cercano non è la redenzione popolare, ma il mantenimento del dominio, ma con altri beneficiari e cambiando il tipo di discorso.  Quale che sia la ragione, l'anarchismo con la sua alternativa serve da specchio, mostrando l'assurdità dell'intenzione di fare un maquillage al desiderio di potere e segnalando quale sia il cammino che porta ad un'autentica rivoluzione, che non si basi sulla schiavizzante sottomissione ad una struttura militarizzata, bensì sull'eguaglianza, sulla libertà e sulla solidarietà fra coloro che compongono questa umanità sofferente. Siamo d'accrodo  con la conclusione del volantino: qualsiasi soluzione che pretenda di violare i nostri diritti democratici e sovrani dovrà affrontare un popolo convinto: ma tra queste soluzioni pericolose includiamo la rivoluzionebolivariana, che sta sullo stesso piano delle avventure golpiste della destra o degli inganni come l'"uscita istituzionale" che tanto entusiasmo ha prodotto nei politici dell'opposizione. Mentre essi cercano di passare per la porta dello Stato, dobbiamo prepararci a molti disastri, poiché questa porta non conduce a nessuna via positiva. Non si dà soluaione ai mali del capitalismomantenendo e rafforzando la struttura politica che lo sostiene, lo Stato, per quanto si cerchi di mascherarlo da rivoluzionario. Nel mondo attuale proporre che la salvezza consiste in uno Stato con unico leader riconosciuto dal popolo, sia Chavez o qualcun altro, è come parlare di un cerchio quadrato.