----- Original Message -----
From: Veronica Scardigli
To: info@amnesty.it
Sent: Monday, July 23, 2001 10:32 PM
Subject: testimonianza sui fatti di genova

è importante diffondere quello che noi abbiamo visto. sto mandando la mia testimonianza in giro, fate chiarezza ce n'è bisogno. io ora ho paura.

 

grazie, veronica scardigli

 

 

scrivo perchè non si dimentichi.

 

non è possibile dimenticare quello che si è visto.

non è possibile dimenticare quello che si è udito.

non è possibile dimenticare quello che si è sentito

non è possibile dimenticare l’emozione prima. la paura poi.

non è possibile dimenticare la rabbia.

non è possibile dimenticare la delusione.

non è possibile dimenticare la violenza.

non è possibile dimenticare l’ingiustizia.

 

la mia vuole essere una testimonianza di quanto accaduto a genova nella giornata del 21 luglio 2001 nel contesto del corte organizzato dal global social forum.

 

ore 13 troviamo la nostra collocazione nel corteo. rifondazione comunista di la spezia. dietro abbiamo la federazione di reggio emilia, poi c’è l’arci, i verdi, i cobas etc.

è emozionante vedere tutta quella gente quelle bandiere, quell’esplosione di colori, l’atmosfera è densa intensa, si respira anche tensione. non c’è gioia ne euforia, c’è contenuta soddisfazione nel rendersi conto che in tanti hanno scelto di non andare al mare per venire a Genova, per dare un segnale, una testimonianza una traccia.

Accanto a me 3 ragazze di 23 anni anche loro come me alla 1° manifestazione, e poi carla, rita, vanna, le compagne, ed i compagni.

Una moltitudine fatta di uomini, donne, giovani e vecchi. Si ci sono anche i vecchi. Ci sono tutti nel corteo. Tutti non le mani nude in alto senza bastoni ne pietre.

Ore 15 viale italia caldo spezzato da qualche folata di vento ogni tanto. I genovesi che non hanno seguito l’esodo di massa ci dimostrano solidarietà dandoci l’acqua per rinfrescarci e per dissetarci.

Dopo le scene fatte vedere in tv è difficile immaginare che il corteo fosse anche questo. Ma questo piscione colorato in una contenuta festosità fatto di tante anime che si distinguono nella moltitudine ordinata, si snoda per molti Km. Da nervi lungo viale italia. Poi all’orizzonte si comincia a vedere il fumo bianco tutti capiamo che si tratta dei lacrimogeni. E’ piazza kennedy. Ci sono gli scontri. Io mostro segni di preoccupazione. Quelle cose le avevo viste solo in tv. E’ la 1° volta che partecipo ad una manifestazione così intensa, e come me anche le altre ragazze, ma chi ha più esperienza di noi ci racconta che così grandi con così tanta gene non ne aveva mai viste, neanche negli anni 70. poco per volta la parte del corteo in cui ci troviamo si avvicina a luogo in cui c’è il fumo bianco che rimane però sempre distante da noi. Ci avviciniamo alla curva di via torino.  Walter che il giorno prima aveva subito le cariche della polizia mi dice di mettermi il foulard davanti alla bocca, carla mi da un pezzo di limone che divido con le altre ragazze, ci insegna a tenerlo in bocca per sentire di meno il bruciore nella gola. Io ho paura. Tutte abbiamo paura. Ma penso non possiamo fermarci, dobbiamo andare avanti.non è giusto quello che è accaduto e poi il fumo è lontano e noi  siamo tutti tranquilli e soprattutto tra noi non ci sono i neri e nessuno fa casi.ma mentre penso questo arriva qualcosa un rumore sordo e pio del fum o che non ti fa vedere niente, ci spostiamo. Walter mi dice di non respirare. Resto in apnea quanto posso poi non ce la faccio più per un momento devo anche chiudere gli occhi poi un braccio mi prende e mi tira fuori da quella bolgia di corpi contorti che cercano riparo, serena e l’altra amica si attaccano a me e così un’altra compagna. E lui che in un secondo ci ha tutte portato fuori di li. Ci porta lontano, ripercorre a ritroso tra gli altri manifestanti che erano dietro di noi il percorso appena fatto. Tutti dicono piano piano, ci scontriamo, nello stesso posto deve starci il doppio della gente. Rischiamo di massacrarci l’uno contro l’altro ma la polizia continua a tirare i lacrimogeni. Mi brucia la gola e gli occhi, tengo stretta la mano di walter e serena la mia per non perderci. Non c’è il tempo di pensare a niente, solo a non perderci e ad allontanarci. Anche gli atri manifestanti che stavano dietro a noi capiscono cosa sta succedendo e cambiano marcia anche loro. Torniamo tutti indietro con l’interrogativo che non sia un’imboscata. Del resto non sappiamo cosa sta accadendo nella coda finale del corteo. E pi ci accorgiamo che abbiamo perso l’altra piccola del gruppo. È difficile comprendere che chi normalmente dovrebbe difenderti dai pericoli in quel momento è il nemico dal quale ti devi difendere, dal quale devi scappare. È difficile dare una motivazione al lancio dei fumogeni della polizia a te che stai camminando tranquillamente e vedi che accanto a te non ci sono i black block, non c’è gente che fa casino ma solo i compagni. Tra questi un uomo di 70 e forse più anni ed una ragazza di 23 dal viso pulito di cui non hai notizie sino alla sera quando ti ritrovi al pullman, dopo che per tutto il giorno speri che sia andata bene anche a loro, che la polizia non li abbia caricati. Sento in quel momento che la persona che mi ha trascinato via mi ha salvato la vita. Del resto lui più scantato di me aveva visto il cordone della polizia stava fisicamente entrando nel corteo per spezzarlo in 2 dei tre famosi pezzi, e che soto la pioggia di lacrimogeni stava iniziando a caricare. Chi può ora darmi non dico una spiegazione logica e razionale, solo accettabile a giustificare quanto accaduto. Chi può farmi avere fiducia nelle forze dell’ordine, quando loro mi hanno fatto paura. Chi può spiegarmi perché un uomo quando indossa quella divisa inizia a distribuire violenza gratuita. Questa sera (domenica) ho cercato di spiegare questo a mia madre che mi ha guardato attonita. Capisco che per chi non l’ha vissuta non può rendersi conto di questo, e pensa che la polizia faccia il suo dovere contro i teppisti. Ma io non sono una teppista non sono una tuta nera, sto solo esercitando un mio diritto riconosciutomi dalla costituzione. Il resto della giornata prosegue nello stesso modo, il grande biscione è stato inghiottito da se stesso, fagocitato, con un po’ di sforzi si cerca di ricompattare i gruppi per non essere soli in mezzo al caos.ogni tanto l’elicottero si avvicina, a bassa quota su se stesso, ed in un attimo ti ritrovi ancora a dover correre per scappare senza sapere da dove vengano, senza pensare che potrebbero anche arrivarti in testa e soprattutto senza capire il perché. È la prima volta che ho così paura, ti da forza solo il vedere che si è in tanti gente come te.

Alle 8 troviamo gli altri. La piccola e carla erano state insieme. Carla oltre al limone ci dava coraggio, ma ora la guardo e anche nei suoi occhi leggo la paura che non ammette. Si sono rifugiate in un portone dove hanno trovato la solidarietà di una famiglia che gli ha dato dell’acqua e del limone, gli ha fatto coraggio e gli ha dimostrato solidarietà sino a quando non è entrata la polizia con i manganelli in pugno. Si non mesi ai 2 lati delle scale e le hanno fatte scendere facendole passare sotto i loro manganelli, a sara hanno tolto il foulard che come me si era messa per ripararsi dal lacrimogeni, dicendole che non di può tenerlo, a carla hanno strappato la pettorina gialla che come gruppo ci permetteva di riconoscerci e di non perderci. E poi hanno detto “siete tutti dei bastardi, se è morto quel ragazzo è solo vostra la colpa”.

Vorrei che qualcuno mi spiegasse. Io non capisco. Mi viene in mente la guerra di piero di de andrè e mi chiedo come un uomo possa fare male fisico, psichico ed un altro che potrebbe essere, un suo amico, un suo cugino, un suo fratello.

Ho paura ma voglio combattere l’ingiustizia che ho visto con i miei occhi, le regole non di un paese democratico, ma di un regime fascista.

Ugualité, liberté, solidarité

veronica scardigli

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