La polizia perquisisce una scuola-dormitorio e attacca la sala stampa del Gsf: 92 arresti e 66 feriti Due molotov e tante botte nella notte del blitz Trovati due picconi e dei coltelli oltre alle bottiglie incendiarie. Proteste e tensioni. Agnoletto: "E' gravissimo" di ANDREA DI NICOLA |
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GENOVA - Due molotov e due martelli da muratore, numerosi coltelli. E' ciò che è stato sequestrato dai poliziotti che nella notte hanno fatto irruzione in due scuole del Genoa Social Forum. Materiale in base al quale è stato effettuato l'arresto di 92 giovani colti nel sonno nelle scuole del Genoa Social Forum, e il ferimento di 66 di loro. Tra gli arrestati, molti sono giovani stranieri (una quarantina di tedeschi). Allo stato nessuno ha saputo dire se fra loro ci siano dei "Black bloc". I reati ipotizzati: associazione per delinquere, devastazioni e saccheggio. La polizia spiega anche che all'inizio della perquisizione un agente sarebbe stato aggredito con un coltello. Si sarebbe salvato grazie a un giubbotto imbottito. Tutto inizia verso mezzanotte, nel momento in cui molti treni erano ripartiti con il loro carico di manifestanti e fra gli addetti ai lavori cominciava a circolare un senso di liberazione: "E' finita". Ma era solo un'illusione. In una Genova devastata e deserta, cominciano a strillare i telefonini: "Hanno assaltato la scuola Diaz". Chi? "Non si capisce". La scuola elementare Diaz si trova nel quartiere di Albaro, in via Cesare Battisti a poca distanza da piazza Tommaseo. Via Battisti è un budello dritto, stretto, lungo duecento metri. Su un lato l'edificio (squadrato, anni '60, delle elementari), sull'altro, proprio di fronte la media "Giovanni Pascoli". La Pascoli è stata utilizzata in questi giorni come sala stampa del Genoa Social Forum, la "Diaz" come dormitorio per i giovani antiglobal. Solo sul posto, i lampeggianti sui tetti delle auto blu e i blindati danno la spiegazione. E' la polizia. Dalle finestre aperte della grande scuola elementare vengono urla disumane. E' evidente che sta succedendo di tutto. Nell'edificio della "Pascoli", Vittorio Agnoletto si aggira con gli occhi sempre più spiritati fra i computer rotti del centro stampa del Gsf. "A me - dice indignato - e al parlamentare di Rifondazione Ramon Mantovani non ci hanno lasciato entrare. Ci hanno pure strattonato. Cercano le foto delle loro collusioni con il "Black bloc", ma non le troveranno qua". La gente del quartiere, stralunata e impotente, racconta di essere stata svegliata dalle urla provenienti dalla scuola e di non aver sentito l'arrivo dei poliziotti giunti a fari spenti e senza mandato in virtù dell'articolo 41 del codice che permette perquisizioni su iniziativa delle forze dell'ordine sulla base della semplice sospetta presenza in un edificio di armi ed esplosivi. Dalla scuola, intanto, cominciano a uscire i giovani in barella. Sono conciati male. Intorno, altri ragazzi gridano "Assassini, assassini", piangono, molti hanno lividi in faccia e labbra gonfie. Il frastuono dell'elicottero, bassissimo a illuminare la scena rende il tutto ancora più surreale. I poliziotti stretti nel budello tra le due scuole sono nervosissimi. Poi se ne vanno portando via quelli che riescono a stare in piedi, mentre le ambulanze fanno la spola. Si sparge la voce, falsa, che c'è un morto. Poi, addirittura tre. Per fortuna non è vero. Ma per i nervi a pezzi di chi ha assistito alla scena, è troppo. Ragazzi e ragazze piangono e si disperano. Quando la scuola viene liberata e si può entrare a vedere, lo spettacolo è desolante. Porte sfondate, un caos totale, sangue ovunque a pozze e a macchioline. Una strisciata rossa su un muro ad altezza d'uomo, dà il senso di quello che è successo. Sembrava fosse finita e non era vero. (22 luglio 2001) |
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